La città delle bestie, Isabel Allende

Buongiorno a tutti! Inizio finalmente le recensioni partendo da "La città delle Bestie", di Isabel Allende.
Questo curioso libretto mi è capitato tra le mani quest'estate, giaceva sulla libreria di casa senza che io lo sapessi. Dell’autrice avevo letto solo un altro libro, “Il quaderno di Maya”, e dato che mi era piaciuto ho pensato di tentare anche con questo, senza sapere assolutamente nulla a riguardo.
Fortunatamente il libro mi ha stregata quasi subito grazie alla sua ambientazione esotica e ai personaggi più che particolari, prima tra tutte ‘nonna’ Kate, che nonna non si vuol far chiamare, una signora energica e dal carattere forte che lavora come giornalista per l’International Geographic. Solo dopo sono venuta a sapere, anche lì per caso, che il libro appartiene a una trilogia per ragazzi, che vede come protagonisti il solito duo di amici e si svolge in luoghi esotici, quasi mistici. 
E’ strano come a volte le informazioni piovano dal cielo senza che nessuno le cerchi: ho trovato il terzo libro, La foresta dei Pigmei, su una bancarella, e leggendone la trama ho capito che si trattava del continuo de La città delle bestie. Il secondo invece, il Regno del drago d’oro, l’ho scoperto un paio di mesi dopo in libreria, e solo allora ho ricollegato il tutto… questi libri mi hanno praticamente inseguita urlando “leggimi, leggimi”!


Ma prima di tutto, chi è Isabel Allende? Credo che chiunque ne abbia sentito parlare, ma spesso la pigrizia fa rimanere il nome solo un nome. Quante volte mi è capitato di dire “Ah si, l’autore X, quello che ha scritto tot e tot… si ma chi è? Dov’è nato? Cos’ha fatto nella sua vita? Boh!”



Isabel Allende nasce a Lima, in Perù, nel 1942. Dopo il divorzio dei genitori, avvenuto quando aveva solo tre anni, il padre sparisce e la madre decide di trasferirsi con i figli in Cile, dove la famiglia viene ospitata nella casa del nonno. Grazie agli aiuti del cugino del padre, Salvador Allende, Isabel e i suoi fratelli hanno un’infanzia agiata e la possibilità di studiare. Già dall’infanzia Isabel nutre la sua fantasia attraverso numerose letture e ascoltando i racconti dei nonni.
Dopo il secondo matrimonio della madre, la famiglia si sposta all’estero per il lavoro del nuovo marito, un diplomatico. Isabel vive in Bolivia, in Europa e in Libano, conosce nuovi stili di vita e tradizioni, legge Freud, altri filosofi, i drammi Shakespeariani. Nel 1959 torna in Cile, dove pochi anni dopo si sposa con Michael Frias, da cui avrà due figli. In contemporanea inizia la carriera di giornalista, che per sua stessa dichiarazione sarà “grande scuola di scrittura e umiltà”. Dopo il golpe di Pinochet, nel 1973, Isabel si schiera a favore dei perseguitati politici, trovando loro nascondigli sicuri e facendo filtrare notizie dal paese. Ben presto però deve lasciare il paese, per cui si trasferisce in Venezuela, dove rimane fino al 1988, anno in cui si muoverà negli Stati Uniti insieme al secondo marito.
Il suo primo romanzo, “La casa degli spiriti”, vede la luce nel 1982, dopo lunghe peripezie per la pubblicazione, poiché firmato da una sconosciuta e per di più donna. Un avvenimento che segnerà profondamente la sua vita è la morte della figlia Paula, nel 1992, a seguito della contrazione di una rara malattia, la porfiria, che riduce la ragazza in coma per un anno. La madre la assiste fino alla sua scomparsa, raccogliendo nel frattempo ricordi della figlia che pubblicherà l’anno seguente nel romanzo intitolato “Paula”.
I numerosi romanzi di Isabel Allende sono oggi conosciuti e tradotti in tutto il mondo. 


La città delle Bestie mi ha colpito per tanti motivi. Il primo sicuramente è l’aura di mistero che si intravede già dalla trama. Gli ingredienti per un buon libro d’avventura ci sono tutti: personaggi dal comportamento ambiguo, luoghi tutti da scoprire, creature fantastiche, una missione da compiere, misteri intricati e un bel gioco di ruoli tra buoni e cattivi.



La storia inizia in un contesto anonimo, una famiglia americana come tante, marito, moglie e tre figli. E’ questo, secondo me, che trascina nel racconto in un attimo: un’avventura così straordinaria capita a un ragazzino qualunque, che fino a quel momento ha avuto una vita ordinaria. Non è necessaria alcuna abilità iniziale, se non la voglia di mettersi in gioco, e il povero Alex inizialmente non ha nemmeno quella. Lui vorrebbe semplicemente stare, come comprensibile, vicino a sua madre, gravemente malata. Chiunque di noi si potrebbe immedesimare in Alex  senza alcuno sforzo.
Alexander inizialmente è in collera con sua nonna, che sembra non preoccuparsi minimamente di lui e dei suoi bisogni. Abbandonato all’aeroporto, con solo un indirizzo e tanta ingenuità con sé, se la deve vedere con la vita reale, e riuscire a cavarsela senza aiuti nell’impresa di trovare la via di casa. Eppure Kate, seppur con modi discutibili, in pochi tempi insegna al nipote una grande verità: imparare a vivere vuol dire anche imparare a contare principalmente su se stessi.
C’è un momento, durante il racconto, in cui ho avvertito una separazione netta tra il prima e il dopo, come un passaggio dalla vita reale a una dimensione fantastica. E’ proprio il viaggio di Kate e Alex che ci porta, simbolicamente, in quest’altro mondo. Sin dall’inizio del loro viaggio nella foresta Amazzonica, il libro si colora di una nuova aura: odori, rumori, luci, la foresta intera si è materializzata di fronte a me, e mi sono trovata a guardare  con gli occhi dei protagonisti. Ho visto gli animali pericolosi che si aggiravano tra gli alberi, i popoli autoctoni, i loro riti, le loro vesti, i villaggi. Sono stata letteralmente trasportata in un altro continente, forse in un altro mondo, un mondo che in qualche modo cercava di comunicare con me.
Infatti la città delle bestie non è solo un libro d’avventura, esso va ad esplorare temi molto più complessi, e come ogni libro per ragazzi che si rispetti, cerca di impartire alcuni insegnamenti tra le righe.
Il rapporto con la natura è preponderante, e Alex lo approfondirà grazie alla sua amicizia con Nadia, figlia dell’uomo che fa da guida alla comitiva. Nadia vive in profonda sintonia con la natura, riesce a comunicare con facilità sia con gli uomini che con gli animali, conosce le piante e le loro proprietà e sa come muoversi tra le insidie della foresta.
Alex e Nadia, i più giovani della compagnia, guardano alla vita con cuore ancora puro, non segnato dalla cattiveria e dai vizi degli adulti. Per questo loro, prima di tutti, riescono a carpire i segreti della foresta, degli indigeni, e gli intrighi che manovrano la loro spedizione.  Il loro è un viaggio alla scoperta della verità, ma soprattutto di sé stessi, della loro vera essenza, che possono trovare solo liberandosi del superfluo, fosse anche la cosa più importante che possiedono. 
Ma questi non sono gli unici spunti offerti dal libro. Emerge chiaramente la denuncia verso l’uomo moderno, che cerca di arricchirsi con tutti i mezzi, leciti o meno, anche a discapito della vita altrui; e una chiara polemica nei confronti della società tecnologica, che vorrebbe imporsi come modello supremo e schiacciare con la sua arroganza le usanze di altri popoli e il loro modo di vivere. Da un lato il progresso aiuta le persone e ne migliora lo stile di vita, dall’altro tuttavia allontana dai veri valori e dalla vera essenza delle cose.

Non definirei questo romanzo fantasy, come si trova scritto da tante parti. Se proprio dovessi catalogarlo, fermandomi solo alla patina superficiale lo definirei una grande avventura impreziosita da elementi fantastici. Scavando più in profondità, invece, non si possono non considerare le molteplici riflessioni sulla diversità, sull’importanza delle cose semplici e la futilità di gran parte degli oggetti che tanto gelosamente possediamo. Si può riflettere sulla indispensabilità degli affetti, sul rispetto per la natura e per tutte le culture, nonostante siano distanti anni luce dalla nostra. Insomma, se letto col giusto spirito è un libro davvero interessante per ciò che riesce a comunicare.

Attualmente sto leggendo il secondo capitolo della saga, sono stata un po’ intimorita da alcune recensioni traballanti, ma per ora l’inizio è promettente! Nel frattempo però consiglio questo primo romanzo a chiunque abbia voglia di una storia coinvolgente e misteriosa, senza limiti di età, e a chiunque voglia viaggiare un po’ pur restando seduto in poltrona.

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