1Q84, Haruki Murakami
Per chi stesse cercando letture originali, che stiano
in bilico sul sottile confine tra sogno e realtà, tra possibile e assurdo,
Haruki Murakami fa al caso suo.
Vorrei soffermarmi un po’ sull’autore e sulla sua vita,
in parte perché penso sia un personaggio di cui vale la pena parlare, in parte
perché, leggendo la sua biografia, mi sono accorta di quanto le sue esperienze
di vita abbiano influenzato i suoi romanzi, in particolare i personaggi.
Nato il 12 gennaio 1949 a Kyoto, Giappone, da due insegnanti
di lettere. Frequenta le scuole superiori a Kobe, immergendosi nel mondo della
letteratura anche tramite incontri con autori stranieri. Nel 1969 si iscrive
alla facoltà di drammaturgia all’Università di Tokyo, dopo un anno da ronin
(termine giapponese, letteralmente “uomo alla deriva”, anticamente usato per
indicare un samurai decaduto, al giorno d’oggi invece designa lo studente che
ha fallito l’esame d’ammissione all’Università). Negli anni universitari lavora
part-time, frequenta i Jazz bar e il cinema, e conosce e inizia a frequentare
la sua futura moglie Takahashi Yoko. Un anno prima della laurea, Murakami
decide, insieme alla moglie, di aprire un Jazz bar, che viene chiamato “Peter
Cat”. Il bar ha un discreto successo, tanto da poter essere trasferito
successivamente in una zona più centrale della città. La passione per la
scrittura sboccia nel 1974, anno in cui Murakami inizia la stesura del suo
romanzo d’esordio “Ascolta la canzone del vento”. Con tale opera vince, nel
1979, il premio Gunzo, nella sezione migliore esordiente. Da qui comincia una
cascata di successi, i suoi romanzi conquistano il pubblico e la critica. Dopo
aver venduto il Jazz bar, insieme alla moglie cambia città tre volte in pochi
anni. Di questi anni sono la trilogia del Ratto e “La fine del mondo e il Paese
delle Meraviglie”.
Dal 1986 viaggia molto, tra Grecia e Italia, in
particolare in Sicilia e a Roma, dove scrive due dei suoi romanzi più
acclamati, “Tokyo Blues, Norwegian Wood” e “Dance Dance Dance”.
Negli anni ’90 si trasferisce negli Stati Uniti, dove
diventa docente universitario. Solo il nuovo millennio lo vede ritornare
stabilmente in patria, a Oiso, dove vive tutt’ora.
Oltre a diversi romanzi, Murakami ha scritto e
pubblicato anche diversi saggi, raccolte di racconti, ed ha tradotto numerosi
capolavori della letteratura dall’inglese al giapponese. I suoi romanzi gli
sono valsi numerosi premi anche a livello internazionale, come il World Fantasy
Award, il Franz Kafka Prize e il Jerusalem Prize.
Il primo romanzo che ho letto di questo autore è stato
1Q84, pubblicato nel 2009 (2011 in Italia). E’ diviso in tre libri, discretamente
lunghi, ma talmente carichi di mistero e suspance che la lettura è scivolata
via morbidamente, come seta tra le mani. Certo, ci sono stati almeno per me
momenti in cui è stato più difficoltoso andare avanti, ma l’atmosfera della
storia è troppo coinvolgente per permettere anche solo di pensare di
abbandonare la lettura.
Ecco un breve riassunto della trama, o per meglio dire,
del suo inizio:
Aomame
Masami è una donna apparentemente innocua, seria e decisa. In realtà la
trentenne ha una doppia vita: ufficialmente lavora come istruttrice di
autodifesa in un centro sportivo, nel tempo libero scova e uccide uomini
violenti che hanno seviziato le proprie mogli o figlie, aiutata dalle cospicue
risorse pecuniarie di una vedova che ha perso una figlia a causa di una
violenza.
Flavorwire |
Aomame
e Tengo sono connessi da un sottile filo di cui ancora devono prendere
coscienza, che si perde nei recessi della loro infanzia per riportare alla luce
sentimenti mai sopiti. La vita di entrambi cambia all’improvviso: Aomame si
accorge che il mondo accanto a lei è cambiato, due lune nel cielo a
dimostrarlo, una bianca e luminosa, l’altra verdastra e sbiadita. Sbalordita e
confusa, chiama questa nuova dimensione 1Q84. Tengo è sempre più affascinato e
inquietato dai misteri di Eriko, dai quali sembra volersi discostare senza
accorgersi di esserne in realtà già coinvolto.
La
storia si dipana al confine tra due mondi paralleli, coinvolgendo una oscura
setta religiosa, creature altrettanto inspiegabili, bambine intrise di segreti,
investigatori segreti senza scrupoli. Cosa è veramente 1Q84? Qual è il confine
tra la realtà e la finzione?
Recensione:
Oltre ad essere un raro esempio di maestria nell’arte
dello scrivere, questo romanzo, o meglio questa serie di romanzi, è di una
complessità sconvolgente.
Il
titolo, chiaro omaggio al capolavoro di Orwell, ha una particolarità: la Q, che
simboleggia il “question mark”, ha la stessa pronuncia della parola giapponese
kyu, che è appunto il numero 9.
La
trama si svolge dal punto di vista alternativamente dei due protagonisti,
Aomame e Tengo. Nel terzo libro compare persino un terzo narratore.
La
vita dei due, già inestricabilmente legata, si avvicina sempre di più, come in
un frenetico ballo in cui le figure danzanti si rincorrono e si cercano in una
spirale senza fine, compiendo cerchi sempre più stretti senza potersi mai
toccare.
Da
una parte Aomame, killer professionista, deve affrontare un’odissea per
salvarsi la vita, messa in pericolo dalla difficoltà del suo ultimo incarico.
Dall’altra Tengo viene risucchiato sempre più in fretta in un mondo di misteri,
in cui Fukada Eriko sembra trovarsi estremamente a proprio agio.
Mi
è capitato spesso, leggendo un libro, di non simpatizzare particolarmente per
il protagonista, che purtroppo rischia di essere poco spontaneo o avere alcuni
lati del carattere troppo caricati. In questo caso, invece, i protagonisti sono
delineati alla perfezione, nei loro pregi e nei loro difetti, e presentano
sfumature nel carattere che raramente si trovano in un romanzo.
E
non solo loro. Tutti i personaggi nominati nel libro, che siano importanti o
semplici comparse, vengono descritti minuziosamente, e possono essere sempre
ricordati da qualche particolare, tanto che sembra di averli davanti agli
occhi. Ciò che deve affascinare affascina, ciò che deve provocare repulsione e
disprezzo lo provoca, ciò che deve incuriosire incuriosisce. Tutto è al proprio
posto ma nulla viene svelato. Ogni cosa a suo tempo.
Personalmente
sono stata molto colpita dagli enigmatici e inspiegabili Little People: compaiono
realmente solo in poche occasioni, più che altro se ne sente parlare, ma da
quei brevi tratti, dalle parole accennate, persino dai silenzi di Eriko, che
non può e non vuole parlare di loro, trasuda tutto il mistero che li avvolge e
l’aria sinistra che accompagna le loro azioni. Mi sono venuti i brividi,
leggendo. Per qualche strana associazione di pensiero li ho accomunati a quegli
esserini malvagi del film “Non avere paura del buio”, il che naturalmente mi ha
fatto ancora di più accapponare la pelle durante la lettura.
Alcuni
aspetti del libro possono risultare un po’ ridondanti: il soffermarsi troppo
sulle cose, tanto che a volte sembra di sentire il pensiero dei personaggi
nella propria testa, la minuzia di dettagli quasi esagerata, le descrizioni
accurate di situazioni o ricordi apparentemente banali.
Ma
la mia impressione complessiva sul romanzo è talmente positiva che questi
“difetti” mi sembrano un prezzo minimo da pagare per una lettura così buona.
Consiglio:
ognuno ha i suoi gusti e i suoi ritmi in fatto di lettura, è innegabile, però a
mio parere è meglio distanziare la lettura dei tre libri, invece che leggerli
tutto d’un fiato. Non sono leggerissimi, per cui gustarseli a distanza di
tempo, anche se poco, renderà più
godibile la storia e diminuirà la stanchezza.
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