Hyperversum
Bentrovati
cari lettori! Un’altra settimana è in corso, il tempo scarseggia come al
solito, ma io non demordo e con un po’ di affanno torno a tormentarvi con una
nuova saga, a mio parere molto molto bella ma non conosciuta quanto dovrebbe:
Hyperversum.
Nata dalla
scrittrice italiana Cecilia Randall, la
saga racconta delle peripezie di un gruppo di giovani, che durante una sessione
di gioco di un videogame 3D molto in voga, si ritrovano catapultati
nell’ambientazione storica e geografica della loro partita, la Francia del
Medioevo, durante le guerre tra Francia e Inghilterra per il predominio su
alcune terre.
Quest’autrice
mi ha incuriosito molto, per cui mi sono andata a cercare qualche informazione:
Nata a
Modena, Cecilia Randazzo ha sviluppato sin da bambina l’amore per i libri, i
fumetti, il disegno. E’ cresciuta, come lei stessa afferma a “pane, libri e
fumetti”. Si è diplomata al Liceo Linguistico e ha conseguito una laurea in
Lingue e Letterature straniere con una tesi sul Romanticismo tedesco e le sue
influenze sulla cultura italiana dell’ ‘800. Successivamente, grazie a un
master in Comunicazione e Tecnologie dell’informazione, ha potuto intraprendere
la carriera di web designer e grafica, che continua tutt’oggi in parallelo a
quella di scrittrice. La sua comparsa nel mondo letterario è stata proprio con
Hyperversum, romanzo col quale ha vinto il premio letterario nazionale Insula
Romana.
[Potete trovare queste e altre informazioni sul sito
ufficiale di Cecilia Randall]
Hyperversum
è originale, ricco di contenuti e di suspance, non è un romanzo storico ma
nemmeno un fantasy nel vero senso della parola, è un cocktail azzeccato di
storia, fantasia, mistero e sentimenti.
Ma
scopriamo meglio la trama del primo volume:
Daniel Freeland è un ragazzo di 22 anni,
laureando in fisica e appassionato di videogiochi. In particolare un videogioco
online cattura la sua attenzione da tempo: Hyperversum. Grazie a questa
straordinaria invenzione della tecnologia il ragazzo può, insieme agli amici e
con l’aiuto di un visore 3D, crearsi un personaggio con il quale vivere in
prima persona avventure scegliendo liberamente epoca e luogo geografico.
Al ragazzo spesso si unisce Ian
Maayrkas, amico-fratello, cresciuto con la sua famiglia sin dall’adolescenza,
dopo essere rimasto orfano. Ian sta per tornare a casa, dopo mesi passati in
Francia studiando tomi antichi per la tesi di dottorato, e Daniel non vede
l’ora di rivederlo e giocare con lui. Ian ha preparato un’ambientazione molto
accurata, frutto dei suoi studi: la Francia del 1214, nei feudi dei signori che
lui stesso ha studiato nei mesi passati, all’alba della battaglia che deciderà
le sorti della Nazione.
Insieme a Daniel e Ian giocano anche
il fratellino di Daniel, Martin, la sua ragazza Jodie, studentessa di medicina,
e due amici collegati da un altro computer, Carl e Donna. Lo scenario prende
forma, i personaggi iniziano a interagire, ma all’improvviso accade qualcosa,
inspiegabile eppure terribilmente reale: la pioggia non è più virtuale ma bagna
i loro vestiti, il terreno è tangibile sotto di loro, sulla testa non hanno più
nessun visore ma riescono a toccare i capelli, la fronte, gli occhi…. I
ragazzi, scioccati, infine realizzano. Sono entrati nel gioco, catapultati 800
anni indietro in un altro continente. D’ora in poi dovranno trovare un riparo,
un lavoro col quale guadagnarsi da vivere, dovranno imparare una nuova lingua e
adattarsi agli usi e costumi dell’epoca, in attesa di capire come fuggire da
questo incubo.
Sembra, da
questo breve incipit, di aver riassunto e spoilerato metà libro, ma scoprirete,
leggendo, di essere ancora all’inizio. Le informazioni iniziali sono tante, in
rapida successione, e possono spiazzare il lettore. Tuttavia la vera avventura
inizia dentro il gioco, quando Hyperversum diventa realtà e non c’è modo di scappare.
I ragazzi conosceranno tanti nuovi personaggi, amici e nemici, affronteranno
pericoli e peripezie, si perderanno e ritroveranno, il tutto con un ritmo
incalzante ma fluido, che non annoia mai.
E’ curioso
l’espediente dell’ osservare la vita del passato con gli occhi di un
contemporaneo, a partire dagli usi, il cibo, le buone maniere, le relazioni
sociali, fino a toccare la mancanza di comfort, come i vetri nelle abitazioni,
i tempi per gli spostamenti dilatati, la mancanza di mezzi di comunicazione. Mi
sono chiesta più volte, ma io quanto resisterei in un mondo del genere? Poco
probabilmente.
I
personaggi che popolano il libro sono in parte inventati e in parte realmente
esistiti, come afferma l’autrice stessa nelle note finali. Guillaume de
Ponthieu fu davvero conte francese in quegli anni. Nel romanzo viene descritto
come scaltro, autoritario, inflessibile, ma anche benevolo e giusto. E’ uno dei
fedelissimi al re Filippo Augusto di Francia, che spesso si rivolge a lui per
consigli strategici. Per me è un personaggio molto interessante, in particolar
modo per il suo acume.
Anche i
conti di Sancerre, de Bar e Grandprè sono personaggi storicamente corretti. I
tre sono caratterizzati in modo diverso e perfettamente complementare, in modo
da costruire insieme a Ian un quartetto ben assortito. Sancerre è esuberante e
impulsivo quanto de Bar è riservato e calcolatore, Grandprè è gentile e un po’
impacciato, ma ha un’intelligenza viva che lo stesso Ian ammira sinceramente.
Non riesco nemmeno a scegliere quale sia il mio preferito, tanto mi piacciono.
Forse Sancerre e la sua virilità irruenta? O de Bar, con i suoi sguardi
penetranti e i silenzi che parlano? Oppure… no no, non ci posso riuscire.
E che dire
dei nostri protagonisti? Ian è da sposare. E’ un cavaliere in tutto e per
tutto, nato nell’epoca sbagliata e ricongiunto magicamente in quella giusta.
Intelligente, atletico, generoso, talvolta sin troppo testardo, combatte per
ciò in cui crede, si fa in quattro per chi ama… come non amarlo? Fin troppo
perfetto, direi… e infatti di lui si innamora la bella Isabeau de Montmayeur,
pienamente ricambiata, eterea dama che già aveva conquistato il cuore del
giovane tramite un fedele ritratto. Isabeau è forte, temprata dalla vita,
furba.
Daniel,
Jodie e Martin rimangono invece più ancorati alle usanze del Ventunesimo
Secolo. Mentre Ian pian piano si trasforma, si adatta, direi quasi si fonde con
la sua nuova vita, loro continuano a essere intimamente personaggi moderni,
inadatti alla vita Medievale.
Daniel è
descritto in modo decisamente più umano rispetto al suo amico: è un pesce fuor
d’acqua, non conosce la lingua e fatica a impararla, sbaglia, ha paura e
talvolta ne è sopraffatto. Tuttavia dimostra anche un grande coraggio e nobiltà
d’animo.
Mi è
dispiaciuto che Jodie non abbia ricoperto poi un grande ruolo nel romanzo,
fosse anche solo per le minori possibilità d’azione che avevano le donne nel
Medioevo. Potrebbe essere forse un personaggio più completo, mentre invece
viene surclassata persino da Donna, che dimostra un carattere e una tenacia
fuori dal comune.
Devo
confessare un piccolo segreto: sono più di 700 pagine e si fanno sentire. Per
carità, si leggono in modo fluido, niente a che vedere con tomi di tutt’altro
genere in stile Anna Karenina (mi sono cimentata anche in quello, per cui posso
parlare per esperienza: bellissimo, ma arrivare in fondo è stata una lotta
contro me stessa). Tuttavia anche in Hyperversum ci sono parti in cui il ritmo
rallenta, in cui la narrazione si perde in dettagli secondari che fanno un po’
perdere.
In ogni
caso, se non si fosse capito, il mio giudizio è assolutamente positivo, quindi
l’unica cosa che posso dire è: leggete, leggete, leggete!
È un bellissimo libro, con una trama molto originale. Iniziai ad amarlo sin dalle prime pagine, racchiude un po' di fantasy e eventi storici e lascia spazio anche a storie d'amore.
RispondiEliminaDevo dire che mi è venuta voglia di rileggerlo.
Consiglio anch'io a tutti di leggere questo libro