Room. Stanza, Letto, Armadio, Specchio _ Emma Donoghue

Buongiorno a tutti! Oggi voglio parlare di un libro che ultimamente è diventato piuttosto famoso grazie all’uscita di un film tratto da esso. Sto parlando di Room, di Emma Donoghue.
Il film purtroppo non l’ho ancora visto, ma pare sia stato acclamato dal pubblico, tanto da aver vinto diversi premi nell’anno 2015/2016.

 Il libro, precisamente, si chiama Stanza, letto, armadio, specchio.
Titolo insolito, ma che assume significato non appena si inizia a leggere la prima pagina. Letto, Armadio, Specchio, sono tutti elementi del piccolo mondo di Jack, il narratore. Jack è un bambino di appena cinque anni, che vive insieme alla madre, Ma’, chiuso in una Stanza. Quell’unica stanza è tutto ciò che conosce, tutto ciò che crede ci sia al mondo. Sua madre, spinta dall’amore sconfinato che prova verso il suo unico figlio, ha costruito per lui un mondo di favole, dove ogni oggetto è fonte di un continuo flusso di fantasia, dove Lavello e Tappeto sono elevati quasi a stato di amici, e il Fuori è una realtà astratta e lattiginosa irraggiungibile, priva di qualsiasi appeal.


Jack è felice in questo suo mondo fatto di piccole abitudini e riti quotidiani, vive bene perché non sa dell’esistenza di un mondo al di fuori delle quattro mura in cui è rinchiuso. La realtà tuttavia è ben più spaventosa. Quel che Jack non sa è che lui e Ma’ sono prigionieri. La porta che li separa dal fuori è chiusa ermeticamente, e si può aprire solamente tramite un codice di sicurezza. Solo la sera, dopo cena, la porta si apre per fare entrare Old Nick, il loro aguzzino. Ma’ non vuole che Jack veda Old Nick, pertanto lo mette a dormire dentro Armadio. Jack si addormenta, e quando al mattino esce dall’armadio Old Nick non c’è già più. Se non riesce ad addormentarsi prima del suo arrivo, Jack conta i cigolii del letto, finché non si addormenta.

I piccoli dettagli che Jack racconta fanno luce sulla reale situazione e sugli abusi terribili che avvengono in quella stanza, nient’altro che un capanno insonorizzato in mezzo a un giardino. Old Nick, nome fittizio del rapitore, ha strappato Joy (questo è il nome della madre di Jack) dalla sua famiglia sette anni prima, quando la ragazza aveva appena 19 anni. Sette anni di inferno per Joy, costretta a partorire da sola, a crescere un figlio al meglio possibile sfruttando solo oggetti che possono stare in 30 metri quadrati, e a subire ogni notte la violenza di un uomo brutale e senza cuore, con il quale deve essere gentile solo per amore di suo figlio.
E’ solo dopo il quinto compleanno di suo figlio che Joy prende consapevolezza di dover escogitare un piano per uscire da quell’inferno. Attraverso gli occhi di Jack apprendiamo il suo piano azzardato, la sua disperazione. Jack ha paura, non sa cosa lo aspetta all’esterno, non è preparato per il mondo di Fuori.

Ma qualunque sia l’esito di questo estremo tentativo di fuga, la permanenza nella Stanza ha segnato i due troppo in profondità per consentirgli di vivere una vita normale.  Troppo per Jack, terrorizzato dai continui stimoli del mondo esterno, irritato dalla fine della sua semplice routine giornaliera, triste per aver perso i suoi amici oggetti. Una miriade di cambiamenti per un bambino così piccolo. Troppo anche per Ma’, la cui vita è stata bruscamente interrotta dal rapimento e che ora inaspettatamente può continuare… ma non da dove si è interrotta. Nella vita di Joy ormai è tutto diverso, sono passati sette anni, molte cose sono cambiate da allora e quel tempo non tornerà più indietro, le ferite  e le umiliazioni non si laveranno via alla prima pioggia.

Gli argomenti trattati sono, come avrete capito, estremamente delicati. Il fatto che i telegiornali riportino di storie simili realmente accadute è semplicemente agghiacciante. Non posso pensare a cosa può voler dire essere imprigionati, vittime innocenti, lontani dalla propria vita. E non è mia intenzione dilungarmi qui nel trattare questo argomento, perché richiederebbe empatia, sensibilità, e competenze che non mi sento di attribuirmi. Basti dire che gli abusi, fisici o mentali, su qualunque individuo senza discriminazioni di sesso e età, sono SEMPRE sbagliati, orribili e intollerabili.
Emma Donoghue è stata molto brava, in questo caso, nel presentare una tematica così terribile in modo che potesse disturbare il meno possibile i lettori. L’espediente chiave è stato la voce narrante prevalente: Jack, che in quanto bambino vede la vita come un gioco, come sua madre ha deciso di presentargliela, e nonostante capisca, e ci faccia capire, che la madre ha qualcosa che non va, è per lo più concentrato nelle sue grandi imprese quotidiane, allegro ed entusiasta come solo un bimbo può essere.

L’impatto col libro all’inizio può essere spiazzante. La scrittura si adatta ai pensieri di un bambino, e nonostante Jack mostri più di una volta ragionamenti molto acuti per la sua età, il suo modo di esprimersi può risultare dopo un po’ soffocante. Ho detto soffocante? Beh, quale sentimento più indicato avrebbe potuto infondere l’autrice per coinvolgerci nell’atmosfera del romanzo?
Nonostante ciò, con lo scorrere delle pagine ci si abitua pian piano allo stile del racconto, totalmente coinvolti nell’angoscia di Ma’ e nei suoi piani di fuga. E’ chiaro come Old Nick abbia sempre cercato di rendere la ragazza emotivamente dipendente da lui, tramite i premi settimanali e i pochi, risicati comfort che le concede, facendoli passare come favori ricevuti grazie al suo buon cuore. Eppure Joy, da brava madre quale è, sa che il suo principale compito è quello di proteggere Jack, e si piega a questo perverso gioco di ruolo solo per il bene di suo figlio. Grazie alle richieste settimanali, Ma’ si fa procurare dei libri, con i quali insegna a Jack a leggere, scrivere e contare. Gioca con lui, stimola la sua creatività, lo cura e lo ama in un modo estremo, perché lui è diventato la sua unica ragione di vita.

La parte più interessante del libro, comunque, è la seconda, quella che si sviluppa dopo la tanto sospirata fuga. Joy è emotivamente  e fisicamente distrutta, e le brutture che ha dovuto sopportare nel corso degli anni ritornano a tormentarla tutte insieme. Grazie alle persone che si prendono cura di lei riesce a raccontare gli avvenimenti più dolorosi della sua vita, aprendo nuovi scenari sulla perfidia dell’uomo che l’ha rapita. Nonostante possa finalmente ricongiungersi con le persone che ama, la sua vita è totalmente stravolta, non si sente più parte di quel mondo che ha tanto desiderato rivedere. I suoi genitori, suo fratello, i suoi amici, tutti sono cambiati e hanno vite differenti da quelle che lei ricordava.  Il ricordo degli ultimi anni la distrugge, e la sua sofferenza si palesa in momenti di estremo malessere.

Jack, d’altra parte, ha vissuto i suoi primi cinque anni di vita in simbiosi con la madre, a contatto con una realtà limitatissima. Per lui ogni cosa che lo circonda è una novità, talvolta interessante e talvolta spaventosa. Il vento, il sole sulla pelle, l’erba sotto i piedi, sono tutte sensazioni che Jack non conosce. Allontanarsi da sua madre anche solo per un’ora gli sembra una cosa intollerabile, non ne capisce il motivo. Non capisce le dinamiche del mondo, non sa come comportarsi di fronte a persone sconosciute, spesso non distingue la realtà dalla fantasia. Tantissime cose da imparare in pochissimo tempo, che lo indurranno talvolta a sentire la mancanza della Stanza, il suo piccolo mondo sicuro e protetto del quale lui conosce ogni angolo.
Concludo con una breve digressione. Gli occhi pieni di meraviglia e stupore di Jack, che assapora tutto per la prima volta, permettono all’autrice di regalarci considerazioni argute sulla nostra epoca e sulle sue contraddizioni. Una di quelle che mi hanno colpito di più è questa:

“Vedo che nel mondo le persone sono quasi sempre stressate e non hanno mai tempo. Perfino la Nonna lo dice spesso, ma lei e il Nonnito non hanno un lavoro, così non so come fanno le persone con un lavoro a lavorare e anche a vivere. Nella Stanza io e Ma' avevamo tempo per ogni cosa.
Immagino che il tempo venga spalmato come il burro, su tutto il mondo, strade e case e giardinetti e negozi, così in ogni posto c'è soltanto uno strato sottile di tempo, e allora tutti devono correre verso il posto successivo.”

Un bambino abituato ad avere tantissimo tempo e poche attività con cui colmarlo, non può di certo comprendere la nostra fretta. Noi siamo sempre impegnati, dobbiamo riempire le nostre ore di impegni, attività talvolta futili, salvo poi sentirci stressati e inadeguati quando queste attività diventano troppe per poter essere gestite. Forse anche Jack, che ha tutto da imparare dal mondo, ci può insegnare qualcosa con le sue parole dolci e ingenue.

Non fatevi spaventare dal tema impegnativo, questo romanzo scorre come acqua e cattura l’attenzione sin dalle prime pagine. Lo consiglio a voi, come un’amica l’ha consigliato a me (Grazie!). La magia di leggere  in fondo sta anche nel condividere.




Emma Donoghue è una scrittrice, drammaturga e sceneggiatrice irlandese. Nata a Dublino nel 1969, attualmente vive in Canada con la sua famiglia. Il suo primo romanzo, Stir Fry, viene pubblicato nel 1994. Da allora, con i romanzi successivi, vince diversi premi letterari, fino a raggiungere fama mondiale con Stanza, Letto, Armadio, Specchio, che la porta in finale del Booker Prize nel 2010. Dalla sua opera è stato tratto un film, uscito nelle sale nel 2015, nominato agli Oscar in diverse sezioni, tra cui la “migliore sceneggiatura non originale”, scritta dalla Donoghue stessa. Qui il suo sito ufficiale.

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