Le luci nelle case degli altri, Chiara Gamberale
Ho sempre avuto un vizietto, da che mi ricordo. Sin da
bambina guardavo dal terrazzo della cucina gli appartamenti del palazzo di
fronte, osservavo le luci accese nelle cucine, nelle camere, in quelle stanze
che non avrei mai potuto visitare e mi chiedevo
Chi abiterà lì? Che
vita farà? Ci saranno bambini, o forse una coppia di anziani? O una donna sola?
E a partire da quella curiosità infantile inventavo storie,
intrecci di personaggi reali o fantastici. Crescendo il mio punto di vista si è
ampliato, viaggiando ho iniziato a chiedermi le stesse cose riguardo persone,
palazzi, quartieri di altre città, di altre nazioni.
Immaginate quindi quando ho letto per la prima volta il
titolo “Le luci nelle case degli altri”. Credevo di essere da un momento
all’altro entrata in un mondo di carta. E in un certo senso Chiara Gamberale
riesce davvero a farci entrare nelle vite comuni degli abitanti di un
condominio di periferia. Tramite un espediente originale ci fa curiosare, piano
dopo piano, nelle abitudini, nei problemi e nelle paure di cinque famiglie
diverse.
Attraverso le pagine di questo libro entriamo nella vita di
Mandorla, una bambina dolce, molto intuitiva, più matura della sua età. Ma quel
che i suoi genitori adottivi tendono troppo spesso a dimenticare è che lei
rimane comunque una bambina, che avrebbe bisogno di amore, di stabilità e di
sentirsi parte di un gruppo, frequentare i suoi coetanei ed essere serena.
E’ Mandorla
stessa a raccontare, in un lunghissimo
flashback fatto di attimi, della sua crescita, accompagnandoci nella sua
scalata del condominio, dal primo al quinto piano.
Ricordo come fossero ieri fatti identici solo a se
stessi, che magari mi sono capitati una volta e basta: ma proprio per questo
hanno fatto la differenza. E' come se la memoria facesse lo slalom fra le
abitudini, e allargasse a macchia d'olio le eccezioni.
Ella ci porta per
mano a conoscere una per una le famiglie che ivi abitano, con tutti i loro
pregi e difetti. La bambina cresce sballottata da una famiglia all’altra, in
una continua ricerca del suo vero padre, che cerca nei volti e nelle parole
degli uomini del condominio.
Ogni piano è un passo
verso la maturità, l’indipendenza, e forse la scoperta delle sue origini.
Da ognuno dei suoi genitori la ragazza riesce a trarre insegnamenti, o plasmare
nuovi tratti della propria personalità. In questo caotico mutamento si fa
strada attraverso le sue paure infantili, i problemi della pubertà e
dell’adolescenza. Ci narra del rapporto
difficile con gli ADME (Altri Della Mia Età), del suo senso di inadeguatezza,
delle prime cotte e dei grandi amori, descrivendo con ironia e acume tutte le
persone che la circondano. E spesso, nei suoi momenti di smarrimento, rivolge
preghiere agli oggetti, sperando di potersi scambiare con loro, per abbandonare
per un po’ l’insicurezza e le paure e godere della sensazione di finitezza di un
essere inanimato, o di un'astrazione.
Il Condominio di
Mandorla
Via Grotta Perfetta, Poggio Ameno. Un nome che infonde
serenità al solo sentirlo, ma che non riflette la realtà dei fatti. Gli
abitanti del condominio sono contraddittori, complessi, poco equilibrati. Ben
lontani, insomma, da una vita idilliaca. Maria, madre di Mandorla, era il
collante tra questi individui, un raggio di sole in mezzo a vite grigie,
un’amica, una confidente. Una mamma.
1° piano_Tina
Polidoro_ infanzia: non più giovane, ex insegnante, vive sola
nell’appartamento al primo piano. E’ lei a ottenere la custodia legale di
Mandorla, nonostante sia sicuramente estranea
alla questione della “possibile paternità”. A lei spetta l’ingrato compito di informare
Mandorla della morte improvvisa di sua madre.
“Piccolina non ti
preoccupare. Dal cielo Maria continuerà sempre ad occuparsi di te”. E’ così che
sono venuta a sapere che cos’era successo. O meglio, che cosa dal quel momento
non sarebbe successo più: chiamare mamma e sentirmi rispondere dimmi.
Tutti conoscono Tina e si rivolgono a lei per qualsiasi
piccolo problema. Nessuno, tuttavia, la cerca mai per chiederle come sta, per
interessarsi a lei. Solo un suo ex studente, Gianpietro, la va a trovare
regolarmente, se non si considerano i misteriosi ospiti notturni che Tina
accoglie in salotto, e con cui Mandorla, dalla sua stanza, la sente
chiacchierare.
2° piano_Samuele e
Caterina Gro’_ fine dell’infanzia: secondo piano. Una coppia senza
equilibrio. Lei avvocato, inquadrata, devota al lavoro, un punto di
riferimento. Lui un eterno indeciso, irrealizzato, è concentrato solo su se
stesso e sui propri bisogni, come un bambino desideroso di attenzioni. Con
Mandorla e suo figlio Lars non si comporta da genitore ma da compagno di
giochi.
3° piano _Paolo e
Michelangelo_ pubertà: Paolo e
Michelangelo sono una coppia gay, innamorati anche se molto diversi. Paolo si
presenta come una persona sicura, ha un buon lavoro, vizia Michelangelo
concedendogli un sacco di piccole attenzioni, è un ottimo cuoco, è colui che
manda avanti la casa in tutto e per tutto. Sembra, in pratica, avere solo
certezze nella vita.
Michelangelo invece si ha l’impressione che si lasci vivere.
Non dice mai quello che pensa veramente, è ermetico, apparentemente fragile.
Eppure tra i due il confine tra sicurezza e insicurezza è molto labile.
Il lato interno della
personalità double face di Michelangelo è un istinto speciale per quanto gli
altri vogliono ascoltare: spesso non coincide con quello che davvero lui
vorrebbe dire, ma almeno gli risparmia tutte le inutili scocciature che le
persone sono costrette ad affrontare quando si mettono a comparare aspettative
e delusioni.
I due
si impegnano nelle campagne per i diritti dei gay, in cui coinvolgono anche
Mandorla. La ragazzina, nella sua ingenuità, stupisce ancora regalandoci una
perla che dovremmo tutti tenere a mente più spesso.
"Al gay pride"
"E che vuol dire
pride?"
"Vuol dire orgoglio. Andiamo
a manifestare il nostro orgoglio di essere diversi. La nostra felicità"
"Ma se siamo così felici che
ce ne importa di farlo sapere a tutti? Tina dice che quando le cose ti vanno
bene porta sfortuna dirlo in giro"
4° piano _ Lidia e
Lorenzo_ Prima Adolescenza: sono due
“parolai”, ovvero amano le parole, amano discutere su ogni cosa e sviscerare
gli argomenti fino al midollo. Tra di
loro hanno un rapporto passionale, fatto di conflitti e focose
riappacificazioni. Sono volubili, come due adolescenti innamorati.
Lorenzo mi ha sempre ricordato una lampada che non funziona,
e non perché abbia la lampadina rotta, no: ma perché nessuno sa dove diamine si
trovi l’interruttore per accenderla. E il primo a non saperlo era proprio lui.
Lidia è innamorata dell’amore. Ci si aggrappa come fosse un
salvagente, grazie al quale galleggiare in mezzo al vuoto della vita. Lorenzo
ha sempre fuggito l’amore, come fosse solo una zavorra da portarsi dietro. Probabilmente,
grazie a questa contrapposizione, si completano a vicenda.
5° piano _ La
famiglia Barilla_ Adolescenza: sono il ritratto della famiglia perfetta. Il
padre Ingegnere, la madre casalinga premurosa, gentili, disponibili, severi
quando serve. E poi ancora il figlio Matteo, per cui Mandorla ha una cotta
irrimediabile, bello, intelligente, carismatico; e Giulia, la sorella maggiore,
alternativa, indisciplinata, in contrapposizione col resto della famiglia.
Mandorla giunge da loro nel pieno dell’adolescenza, proprio nel momento in cui
ha bisogno di sfogare tutta la sua rabbia per la propria situazione e per le
sue travagliate vicende amorose, che coinvolgono un ragazzo problematico di
nome Palomo.
La vita è un’ascissa, noi siamo sull’ordinata, è il motto di
papà. Quanto avviene in quei novanta gradi è determinato solo ed esclusivamente
dalle regole che siamo in grado di darci.
_Matteo, parlando di suo padre.
Ed eccoci finalmente giunti all’ex lavatoio del sesto piano, principio e fine di tutto. Questo è il
luogo da cui inizia la storia, luogo in cui Mandorla è stata concepita, in cui
i condomini si incontrano per le loro assemblee e prendono decisioni che
influiscono irreparabilmente sulla vita della ragazza.
Mandorla infine dovrà affrontare la scelta più importante:
vuole conoscere o meno la vera identità di suo padre?
Un libro di una delicatezza, ironia e profondità non comuni,
che mi ha fatto innamorare di sé pagina dopo pagina, o gradino dopo gradino.
Chiara Gamberale.
Nata a Roma
il 27 aprile del 1977, si laurea al DAMS dell’Università di Bologna.
Scrittrice, conduttrice televisiva e radiofonica, pubblica il suo romanzo
d’esordio, Una vita sottile, a soli
22 anni, a cui ne seguono altri, tra cui La
zona cieca, con il quale vince il Premio Campiello. Dal 2002 inizia la
carriera di conduttrice televisiva, prendendo parte ad alcune trasmissioni
sulla Rai, come Gap e Quarto Piano Scala a Destra.
Dal 2010
conduce il programma radiofonico Io,
Chiara e l’Oscuro.
Nel 2014
pubblica, assieme a Massimo Gramellini, Avrò cura di te.
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